Degenze improprie e degenze illegittime
Il ruolo di monopolio attribuito agli ospedali nel campo della medicina specialistica, costituisce il principale fattore di destabilizzazione dell'assistenza sanitaria, in quanto produce il fenomeno delle degenze improprie o quello della omissione di assistenza (illecite dimissioni o non accettazione in ospedale di determinate categorie di ammalati).
Nel linguaggio comune si intendono per degenze improprie, tutti quei ricoveri ospedalieri che richiedono prestazioni teoricamente praticabili anche a domicilio o ambulatoriamente (accertamenti diagnostici, prestazioni riabilitative, assistenza generica ed infermieristica, cure minime ecc.). Indipendentemente però dal fatto che si concordi o meno con questa valutazione, le degenze improprie potranno dar luogo a dimissioni o non accettazioni solo qualora divengano illegittime, cioè nel caso in cui il Servizio sanitario nazionale sia in grado di assicurare prestazioni alternative quantitativamente e qualitativamente adeguate, o comunque qualora ciò sia esplicitamente previsto da precise disposizioni di legge che non contrastino col principio costituzionale che assicura a tutti i cittadini eguali diritti alla salute.
Per smitizzare il luogo comune che vuole gli ammalati cronici non autosufficienti tra i principali responsabili del dissesto finanziario della sanità, riporto le conclusioni cui sono pervenuti due ricercatori in un'indagine sulle degenze improprie (17).
Su 408 ricoveri presi in esame (186 in una divisione medica e 222 in una chirurgica), il 79,65% può considerarsi costituito da ricoveri appropriati, il 18,13% da ricoveri impropri ed il 2,2% di dubbia necessità. Su un totale di 74 degenze improprie n. 24 (32,4%) sono state motivate da accertamenti eseguibili anche ambulatoriamente, n. 22 (29,7%) da terapie eseguibili a domicilio, n. 9 (12,1%) da patologie di tipo psichico seguibili anche ambulatoriamente, n. 7 (9,5%) da patologie non di competenza del reparto considerato, n. 1 (1,4%) per evitare tempi di attesa per indagini strumentali, n. 3 (4,1%) per altri motivi, e solo 8 (10,8%) per i cosiddetti motivi assistenziali. L'indagine prende poi in considerazione le ritardate dimissioni dovute a cause non mediche. I motivi che hanno causato prolungamenti delle degenze per 25 ricoverati della divisione medica sono così sintetizzabili: 7 casi per motivi organizzativi del reparto, 6 assistenziali, 5 perché il paziente non si sentiva guarito, 2 per ritardo nella consulenza specialistica, ed un caso per ognuno dei seguenti motivi: trasferimento in casa di riposo, ritardo nell'esecuzione di indagini strumentali, attesa posto letto in altra ULSS, trattamento fisioterapico, patologia iatrogena.
Su questo argomento si potrebbe scrivere all'infinito, non ci sarebbe che l'imbarazzo della scelta. Pazienti letteralmente dimenticati in corsia, altri che si vedono ripetutamente rinviato l'intervento operatorio, altri in lista d'attesa per accertamenti diagnostici quali il TAC, ecc. Ma quel che è più scandaloso sono i casi di ricoveri, sollecitati prima, e prolungati a dismisura dai sanitari poi, per giustificare la sopravvivenza di reparti e divisioni superflue; all'ospedale di Malo (Vicenza), costi di degenza giornaliera due milioni, quindici giorni di ricovero per un callo, diciotto per una ciste. Senza poi contare l'abuso di accertamenti diagnostici (decine di elettrocardiogrammi allo stesso paziente), nonché un elenco di quelle che sembrano vere e proprie torture: 93 applicazioni di crioterapia su un solo paziente, 85 iniezioni sclerosanti su di un altro. Il risultato, oltre ai rischi per i pazienti, è che tutto ciò ha costi sociali elevatissimi (18).
Chiaramente questo è un caso limite; si possono però citare situazioni altrettanto gravi che rientrano nella norma. All'ospedale geriatrico G.B. Giustinian di Venezia funzionavano un reparto ginecologico ed uno di otorinolaringoiatria, a dir poco grotteschi. Il primo accoglieva non più di due o tre ricoverate contemporaneamente e dicono che, quando giungevano in visita ufficiale amministratori e politici, si faceva prestare pazienti da altri reparti. Il secondo teneva ricoverati pazienti affetti da labirintosi (ai quali veniva somministrata solo qualche pastiglietta e forse qualche iniezione al giorno) anche per 60 giorni. Nello stesso ospedale si lesina sulla durata delle degenze dei cronici. Ora il primo reparto è stato chiuso ed il secondo è in procinto di esserlo, solo perché si è trovata una collocazione più prestigiosa per i due primari che prima vi si erano opposti con tutti i mezzi.
da
DEGENZE IMPROPRIE IN CASE DI RIPOSO E DIRITTI DEGLI ANZIANI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI
GIACOMO BRUGNONE
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