da Elisabetta d'Austria Diario Poetico
Itaca ottobre 1887
ITACA
Itaca ottobre 1887
ITACA
26 ottobre
I.
Costeggio l'Albania
sembra volare il Grifone,
contro di lui infuria lo scirocco
e spumeggia il mare.
Grigio il cielo, grigie le onde,
grigio il nitido profilo dei monti;
rocce spoglie, a picco
per sempre unite soltanto alle acque.
Scende la sera, già è crepuscolo;
stanco è il Grifone
di lottare contro gli elementi;
ricoperta di sale e di sciuma è la sua coda.
Lento incrocia becheggiando
come per giuoco su ogni onda,
la prua rivolta verso Santa Maura;*
Santa Maura è la sua meta.
*Fortezza su un'isola di fronte a Leukas e nome veneziano dell'intera isola. (ora penisola n.d.r.)
Itaca, 27 ottobre
II.
La pioggia cade a scrosci,
infuria l'uragano,
come se nulla potesse domarlo
forte si agita il mare.
La notte è profonda e cupa
e dalle acque sale un lamento,
un sospiro e un sussurrio
che predice sol sventura.
Sullo scafo del Grifone gorgoglianti
selvagge spumeggiano le onde,
pronto al volo riesce appena
a sollevarsi in mezzo ad esse.
Dalla costa di Santa Maura
sul Mare deserto
da una buia lontananza
arriva il bagliore del faro.
"Qui non possiamo rimanere",
al gabbiano dice il Grifone;
"I flutti maligni sospingono
attorno a noi il cerchio incantato.
Qui non ti posso proteggere
da sventure e da pericolo;
la cupa schiera qui d'intorno
cova in sè delle minacce".
E appena ad Oriente
appare pallida una striscia,
erruffato dalla tempesta il Grifone
abbandona quel posto tremendo.
Navigando sotto costa
di isola in isola
in salvo vuol portare
il gabbiano che ha sul dorso.
Procede adesso verso Sud
costeggiando bosci e rocce;
ecco ora aranci in fiore
e là un monotono grigiore.
E lontano sullo sfondo
s'inarca ampio sopra il mare
variopinto, multicolore
il segno della pace.
Si rischiara e si fa azzurro il cielo
e più profondo si fa il blu del mare;
lieve l'onda increspata
dimentica la sferza della burrusca.
E senza ostacoli proseguno
il gabbiano e il Grifone
sfilano con grazia
sulla distesa color zeffiro.
Ora si fanno più vicini
i contorni delle isole;
diventa più stretta e più lunga
la strada azzurra del mare,
per aprirsi di nuovo all'improvviso;
simile ad un lago alpino,
si vede allargarsi la baia
qui, sotto un'alta montagna.
Fiero si eleva il Neritos*
il guardiano della baia,
sulla vetta spoglia
l'aquila cerca rifugio.
E a dritta e a manca rovine
sulle rocce basse,
mura merlate cadenti
guardano giù verso il porto.
Sullo sfondo si eleva
a trrrazze sul pendio,
adornata dal verde degli ulivi,
Vathy*, la città.
Salutano le case bianche
ospitali in mezzo al verde,
i vetri delle finestre rilucono
appena Febo li colpisce.
La piccola baiaè cinta
da olivi ch e come una corona
su grigie terrazze di pietra
si innalzano con morbide chiome.
Qua e là cipressi verdescuri,
così fieri e severi,
dall'alto delle rocce
scrutano il mare.
* Capoluogo dell'Isola di Itaca.
Nell'azzurro etere corrono in fuga
schiere di nuvolette rosa
che ora ardenti s'imporporano
e ora si indorano.
Un mare di petali rosa
sembra sparso sulla baia
come se oggi per gli dei
fosse il giorno di un tributo in rose.
Ma ecco le rose rosse
diventare d'oro
e ogni cosa che danzi e ondeggi
rivestirsi d'oro
e ogni cosa che danzi e ondeggi
rivestirsi d'oro.
Ma anche l'oro impallidisce;
lenta la notte si avvicina,
poi tutto brilla sempre più
per risplendere d'argento.
La luna si è levata
sulla volta buia nel cielo
per avvolgere in un argenteo velo
questo piccolo mondo incantato.
Dimmi, o compagno,
siamo in Paradiso,
siamo già fuggiti dalla terra?",
chiede ora piano il gabbiano.
Sussurra l'altro dalle onde:
"Siamo a Itaca;
- sacro è questo luogo -
all'anima di Ulisse è vicino".
sulla
*Neritos il monte più alto di Itaca (800 mt)
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